Le miniere, la ricchezza sotterranea della Sardegna
Chi sceglie la Sardegna come meta delle proprie vacanze estive, è in genere rapito dalla bellezza dei paesaggi, le acque cristalline, il cibo, perfetto connubio di sapori tra terra e mare e il divertimento che l’isola sa offrire, ma per i visitatori che hanno la fortuna di andarci fuori stagione e che magari incappano in giornate dal meteo sfavorevole (possibili in questo periodo dell’anno), ci sono tante altre possibilità di fare un turismo alternativo, sicuramente anti-convenzionale con l’Isola.
La zona del Sulcis-Iglesiente per esempio, nasconde letteralmente nel proprio sottosuolo, quella che per secoli è stata una fonte di ricchezza e lavoro per gli abitanti della zona ma anche per l’Italia stessa: in questi luoghi infatti, fino a qualche decennio fa proliferavano siti per l’estrazione e lavorazione dei metalli e del carbone, e ancora adesso,con l’arrivo della primavera è possibile visitare alcuni di essi.
LE ORIGINI
Si parla che la lunghissima storia mineraria sarda, abbia avuto inizio nel sesto secolo A.C., con le primissime estrazioni di ossidiana nel territorio del Monte Arci, ma con l’epoca nuragica e successivamente con l’arrivo dei Cartaginesi e i Fenici, si è avuto il primo sviluppo delle conoscenze sulla lavorazione di ferro, bronzo e rame presso i giacimenti di Sarrabus e nell’Iglesiente.
Anche i Romani, sfruttarono ampliamente le tante ricchezze di questi luoghi, avendo adottato come base monetaria l’argento, e usando il piombo nella vita di tutti i giorni.
Dopo un periodo di confusione tra invasioni arabe e piratesche, sotto la Repubblica Marinara di Pisa, nella persona del Conte Ugolino della Gherardesca, l’estrazione dei metalli ebbe una nuova spinta e proprio in quegli anni sorse la città di Villa di Chiesa, l’attuale Iglesias.
A seguito della Dominazione Aragonese durata quasi 400 anni, nel 1720, secondo il trattato dell’Aia, i Duchi Savoia presero possesso dell’Isola e comprendendo quanto fosse prezioso il sottosuolo sardo, diedero nuovo impulso all’ attività mineraria, che era legata all’assegnazione di concessioni generali per l’effettuazione di ricerche e la coltivazione di miniere su tutto il territorio isolano.
Nel 1840 a seguito dell’emanazione di una nuova legge che permetteva di ottenere le concessioni molto più agevolmente aumentarono gli interessi, specialmente di imprenditori liguri e piemontesi verso il territorio e nacquero le prime società per lo sfruttamento dei giacimenti e così la maggior parte delle Società minerarie operanti in Sardegna aveva capitale non sardo.
Nella seconda metà dell’800, nel Bacino carbonifero del Sulcis, furono attivate le prime attività di estrazione del carbone.
Dal 1865 in poi al piombo e all’argento, che erano stati fino ad allora i minerali principalmente estratti nell’isola, si affiancò lo zinco; infatti in quell’anno nella miniera di Malfidano a Buggerru, furono rinvenute le “calamine” (silicati di zinco).
L’invenzione di Nobel della “dinamite”, avvenuta in quel periodo permise di velocizzare le attività di estrazione e così l’industria mineraria divenne sempre più importante per la neonata nazione italiana, così oltre all’aumento delle concessioni, fu necessario creare delle scuole per i capi minatori e fonditori ad Iglesias, aumentare i capitali da investire e sviluppare le comunicazioni telegrafiche.
Nel 1871 venne definitivamente scoperto il giacimento di argento di Sarrabus che aprì un nuovo ramo nelle estrazioni.
Nel ‘900, si ebbero degli anni particolarmente agitati, in cui vennero indetti dai lavoratori numerosi scioperi, con i quali rivendicavano l’abolizione del sistema di affidamento dei lavori ad intermediari (da cui poi dipendevano i minatori) e di portare l’orario giornaliero a otto ore lavorative; a seguito di uno di questi scioperi a Buggerru nel 1904 ci fu una tragedia in cui persero la vita sotto i colpi dell’esercito, chiamato dalla Società francese che operava in quella miniera, ben 3 lavoratori: a causa di questo fatto, conosciuto come l’Eccidio di Buggerru venne indetto il primo sciopero generale italiano.
Con le guerre mondiali e il fascismo, incrementarono nuovamente le estrazioni, per via delle sanzioni economiche imposte dalla Società delle Nazioni e del principio di autarchia voluto dal Regime. Così il 9 giugno 1935 fu istituito il Bacino carbonifero del Sulcis ed il 28 luglio dello stesso anno fu costituita l’A.Ca.I. (Azienda Carboni Italiani), sotto la guida di Guido Segre, che comprendeva il bacino carbonifero del Sulcis con la Carbo-sarda e quello minerario dell’Istria sud-orientale con la Carbo-Arsa.
Nel 1936 venne iniziata la costruzione della città di Carbonia.
Dopo la seconda guerra mondiale, l’industria mineraria, perse la sua importanza e pian piano vennero chiusi i vari siti di estrazione; il primo fu nel 1968 quello di Buggerru, l’ultimo, dopo vari passaggi di proprietà fu quello di San Giovanni Miniera ad Iglesias nel 1997.
IL RILANCIO E IL PRESENTE DEI SITI MINERARI
La dismissione delle miniere, ha sicuramente portato ad un impoverimento per la zona del Sulcis-Iglesiente, fortunatamente ai giorni nostri chi ha la curiosità di scoprire qualcosa in più su questi luoghi ha la possibilità di visitare alcuni dei siti più importanti.
A Carbonia abbiamo il “Museo Del Carbone” presso “La Grande Miniera di Serbariu” che aprì nel 1939 e fu dismessa nel 1964. A seguito del deterioramento dei materiali e macchinari, e per lo smantellamento del luogo l’amministrazione comunale dopo svariati tentativi riuscì ad acquistare l’intero sito nel 1991, da li partirono diversi progetti per il suo recupero e la riapertura al pubblico.
L’inizio dei lavori avvenne grazie all’intervento dell’UE nel dicembre 2002, e già nel 2005 si poterono visitare i cantieri del futuro Museo del Carbone, per la gestione del sito è stato costituito il Centro Italiano della Cultura del Carbone (CICC), associazione tra il Comune di Carbonia e il Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna.
L’inaugurazione avvenne il 6 novembre 2006, ed è possibile visitare nella stagione estiva, ed eccezionalmente nel periodo pasquale, con l’elmetto in testa e con guide esperte le gallerie sotterranee e la sala argani, e liberamente la lampisteria.
Andando più su lungo la costa incontriamo “Masua Porto Flavia”, davanti al famoso “Pan Di Zucchero”.
Si tratta di un infrastruttura mineraria particolare, in quanto era un vero e proprio porto di imbarco del materiale estratto nelle miniere vicine venne Progettato dall’ingegnere Vecelli e realizzato nel 1924, era formata da due gallerie sovrapposte, quella superiore, dove i materiali tramite una ferrovia Decauville venivano scaricati e quella inferiore da dove, grazie ad un nastro trasportatore estraibile, il materiale veniva stivato nelle navi alla fonda.
Tra le due gallerie erano presenti enormi silos per lo stivaggio del materiale. L’impianto venne dismesso negli anni sessanta e fu riconvertito in risorsa turistica ed è visitabile con visite guidate.
Arrivando a Buggerru, presso l’ex Miniera di Planu Sartu, troviamo la più importante opera mineraria del luogo la Galleria Henry, che venne scavata nel 1865 e consentiva tramite una rotaia il trasporto dei materiali dai cantieri sotterranei alle laverie distanti. Posta a circa 50 metri sul livello del mare, al di sopra del centro abitato di Buggerru, attraversa per circa un km l’altipiano di Planu Sartu.
E’ una struttura imponente, simile ad un enorme labirinto e messa in sicurezza e dotata di indicazioni ed è oggi visitabile.
Particolarmente suggestive sono le viste sulla costa frastagliata visibili grazie alle varie “aperture” nella roccia delle gallerie.
La visita di questi luoghi, ci fa capire quanto fosse dura la vita dei minatori di quel tempo, ed è sicuramente una fonte di arricchimento per noi tutti.
Speriamo di aver dato un’idea in più per conoscere un lato decisamente nascosto della Sardegna. Appuntatelo al prossimo viaggio.
Un saluto dal vostro reporter
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